Premetto: la cucina futurista (e il Futurismo in genere) è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto ai miei spadellamenti, e al mio modo di essere. Ciò nonostante anni di insistenze, mostre e letture del mio fratellino (ormai non più -ino, ma uomo) appassionato studioso del movimento, hanno aperto una specie di breccia nel mio cuore indurito. Tò, chiamiamola scalfitura! Quindi se prima sentivo Futurismo e alla damina ottocentesca di pizzi e cipria che vive in me si accaponava la pelle, oggi riconosco che “qualcosa” -non so bene cosa- di quel tempo passato comunque mi affascina e mi incuriosisce. Ovvio, non mi inerpico sui crinali scivolosi di arte, musica, moda, tipografia, poesia… e non so cos’altro il Futurismo non abbia investito, travolto, trasformato e avanguardizzato. Mi limito alla cucina. Così in uno dei miei girovagamenti da #Betullablogazonzo per Torino mi sono detta: perchè non fare un pellegrinaggio alla Taverna del Santopalato? Ok, all’inizio la mia missione era fare una foto e mandarla a mio fratello con scritto: riesci a immaginare questo posto nel 1931? Poi ho pensato che queste idiozie cultural-culinarie tra fratelli erano degne di essere condivise e raccontate anche qui …
Alla mezzanotte dell’ 8 marzo 1931 (86 anni fa) a Torino, in via Vanchiglia n.2 (traversa di Piazza Vittorio), veniva inaugurata la Taverna del Santopalato, il primo ristorante di cucina futurista in Italia e nel mondo. Gestita da Angelo Giachino, arredata come il ventre in alluminio di un sommergibile (dall’architetto Nicolay Diulgheroff) , e condotta dal giovane Luigi Colombo (meglio noto da futurista come Fillìa), la taverna aprì con una solenne cena di quattordici portate. Assurde ovviamente.
In pieno stile di Marinetti&Co (squadristi, aeropittori, aeroscoltori, e aeropoeti…) l’obiettivo primario della serata – piuttosto agitata- era stupire, indignare. Dopo neanche un mese dalla pubblicazione del Manifesto della Cucina Futurista (Comoedia gennaio 1931) occorreva smuovere i benpensanti, il noto, l’acquisito; rimuovere il classico, e lanciare -fisicamente- anche la cucina verso il futuro.
-E della vecchia cucina – chiedevano a Fillìa i giornalisti curiosi — cosa rimarrà in piedi? – Niente – rispondeva lui inesorabile – appena le vecchie casseruole. È finito il tempo delle pietanze dell’Artusi. Saremo duri! – Anche il proclama diffuso in città per l’inaugurazione sparava grosso “Nessuno ignora l’interessamento e le polemiche che agitano il mondo intero, per l’annunciata inaugurazione del Santopalato. L’avvenimento assumerà perciò un’importanza eccezionale, la data del quale rimarrà impressa nella storia dell’arte cucinaria così, come indelebilmente son rimaste fissate, nella Storia del mondo, le date della scoperta dell’America, della presa della Bastiglia, della pace di Vienna e del trattato di Versailles”. Non importa che ormai pochi ricordino questa data. Al tempo, quella serata di primavera torinese segnò davvero una rottura epocale con quella che fino ad allora era stata la cucina tradizionale italiana.
Gli archivi de la Stampa sono comodamente on line, e non posso che consigliarvi spassionatamente la lettura dell’articolo intitolato Dal Brodo solare al pollo d’acciaio – Marinetti alle prese con il cibo futurista- apparso sul giornale torinese il 10 marzo 1931 (a questo link il pdf La Stampa). Il giornalista riporta fedelmente la cronaca della serata, l’atmosfera concitata, il susseguirsi delle portate, e l’ideologia rivoluzionaria che le sostiene (dall’ eliminazione della pastasciutta, all’abolizione di forchetta, coltello, condimenti tradizionali, peso e del volume degli alimenti, la creazione di «bocconi simultaneisti e cangianti», l’inno alla chimica, al nutrimento in pillole, agli additivi, verso nuovi sapori scoperti anche grazie all’accostamento ai piatti di strumenti, poesie e odori…). L’anarchia culinaria futurista è resa magnificamente con dovizia, acume e con dovere di cronaca. Ma cari amici miei, dopo aver assaggiato il porco eccitato (glorioso fuori programma per i giornalisti fatto di salame cotto immerso in caffè e acqua di colonia) la conclusione di questo tale Dott. Stradella è meravigliosa: “Verissimo. Esattissimo. Pur tuttavia, a rito compiuto, ci vien fatto di pensare, con una punta di nostalgia gozzaniana, ad un qualsiasi menù dei nostri nonni, li ricordate? Si cominciava così: Cappelletti in brodo – Trote dal Moncenisio – Capponi lessi con contorno vario. E si proseguiva così: Bomba di riso – Fonduta con tartufi – Fagiani ripieni con insalatina novella. E si concludeva: Formaggi – Frutta e Dolce. Vini: Barbera Fina, Chianti Vecchio e Barolo. E su tutto un buon caffè.”
Che poi è più o meno quello che capita a tanti di fronte ai piatti straordinari di certi ristoranti stellati/molecolari/creativi (o con tali velleità). In alcuni casi tecnica/tecnologia, senso estetico, ricerca, sperimentazione e fantasia visionaria funzionano. In altri casi no. Tradizione e innovazione possono, anzi devono andare felicemente a braccetto, ma se l’avanguardia ti fa venire nostalgia del passato ha fallito miseramente il suo scopo (che nello specifico deve comunque essere quello di nutrire e deliziare). La storia ci faccia da monito e maestra. E anche le avanguardie del passato. Alla prossima gelatina di bitter, con riduzione di patate viola e aria di bosco non dirò che non mi piace. Non dirò che non capisco. No, dirò che qualcuno l’ha già fatto, e che il discrimine tra arte e immane porcheria è davvero, pericolosamente sottile…
La Taverna del Santopalato chiuse nel giro di pochi anni. Oggi al suo posto, ironia della sorte, c’è una trattoria di cucina regionale toscana. Tradizionale.
Questa è Lista del Primo Pranzo Futurista –
Sotto ogni portata le illuminanti spiegazioni della prassi culinario-degustativa dei convivi futuristi (che richiedeva il coinvolgimento generale di tutti e cinque i sensi) e qualche indicazioni sulle “formule”, ovvero le ricette -piuttosto sommarie per lasciare spazio a errori e fantasia del cuoco.
Antipasto intuitivo
Sceglieremo, quindi, una grossa arancia, ed attraverso un foro, la libereremo della sua polpa: l’ischeletrito involucro noi tratteremo in modo da ottenere la figurazione di un piccolo canestro, con il manico e la tondeggiante cavità. Qui porremo una fettina di prosciutto infilato in un pezzetto di grissino, un carciofino all’olio, un peperoncino sotto aceto. Nel grembo di questi ultimi sarà lecito di infilare un bigliettino rotolato, sul quale sarà stata precedentemente vergata una massima futurista, oppure l’elogio di un convitato. Sarà facile scoprire la sorpresa poichè è comminata «l’abolizione della forchetta e del coltello per i complessi plastici che possono dare un piacere tattile prelabiale».
Aerovivanda – tattile, con rumori ed odori -ideata da Fillìa-
La seconda portata consiste di quattro pezzi: nel piatto verrà servito un quarto di fenocchio, una oliva, un frutto candito, e l’apparecchio tattile. Si ingerisce l’oliva, poi il frutto candito, poi il fenocchio. Contemporaneamente, si passa con delicatezza il polpastrello dell’indice e del medio della mano sinistra sull’apparecchio rettangolare, formato di un ritaglio di damasco rosso, di un quadratino di velluto nero e di un pezzettino di carta vetrata. Da una sorgente canora, accuratamente nascosta, si dipartono le note di un brano di opera wagneriana, e, simultaneamente, il più abile e garbato dei camerieri sprizza per l’aria un profumo.
Brodo solare -ideato da Piccinelli Ernesto-
Brodo con uova sbattute e marsala, con scorza di limone e parmigiano, con sopra come guarnizione degli ingredienti dei colori del sole, ad esempio carote o limone.
Tuttoriso – con vino e birra -ideato da Fillìa-
Il Tuttoriso di Fillia va disposto, dopo averlo bollito, al centro del piatto a forma di semisfera con una parte attorno a forma di corona. Al momento di servire in tavola versare sulla semisfera una salsa di vino bianco caldo legato con fecola e sulla corona una salsa di birra calda, rosso d’uovo e formaggio parmigiano.
Carneplastico -ideato da Fillìa-
Grande polpetta arrostita di forma cilindrica, ripiena di 11 differenti verdure. Questa polpetta era avvolta alla base da un anello di salsiccia, posato su tre sfere di carne di pollo ed incoronata da uno spessore di miele.
Ultravirile -ideato da P.A. Saladin-
Non ci dilungheremo in illustrazioni minute: basterà aggiungere che si tratta di un piatto per signore.
Paesaggio alimentare -ideato da Angelo Giachino-
È l’inverso del piatto precedente; questo è per soli uomini.
Mare d’Italia -ideato da Fillìa-
Insalata mediterranea -ideata da Burdese Celeste-
Pollofiat -ideato da Diulgheroff-
Il Mare d’Italia, l’Insalata mediterranea ed il Pollofiat, l’ottava, la nona e la decima vivanda, si servono insieme. Particolarmente notevole quest’ultimo piatto, ideato dal Diulgheroff. Si prende un rispettabile pollo e lo si cuocia in due tempi: lessato prima, arrostito in seguito. Si scavi nella schiena del volatile una capace cavità, dentro la quale si posi un pugno di pallini, per cuscinetti a sfere, di acciaio dolce. Sulla parte posteriore del volatile si cucia, poi, in tre fette, una cresta di gallo cruda. Si cacci in forno il plastico così preparato e lo si lasci per circa dieci minuti. Quando la carne ha bene assorbito il sapore dei pallini di acciaio dolce, allora il pollo viene servito in tavola, con contorno di panna montata*.
Equatore + Polo Nord -ideato da E. Prampolini-
Dolcelastico -ideato da Fillìa-
Dolce formato da modeste bignole riempite di crema dai colori urlanti. È un dolce elastico perchè hanno incollato sopra ogni bignola un pezzo di prugna).
Reticolati del cielo -ideato da Mino Rosso-
Frutti d’Italia -composizione simultanea-
Composta di diversi pezzi… di frutta mondata connessi fra loro: arancio, mela, frutta secca.
Vini Costa, Birra Metzger, Spumanti Cora, Amaro Cora,
Caffè Miscela Sublime, Profumi Dory
Tutti i piatti sono eseguiti con la tecnica futurista dei cuochi del Santopalato: Piccinelli Ernesto – Burdese Celeste
Nel maggio 1932 è stato pubblicato La cucina futurista scritto da F.T. Marinetti insieme a Fillìa, sulla cui fascetta editoriale si poteva leggere: “Questo libro è più drammatico e più piccante di un romanzo poliziesco e di un romanzo erotico. La più grande agitazione polemica: 2000 articoli in tre mesi su tutti i giornali del mondo. Risposta ai difensori della pastasciutta, 200 formule di cucina futurista per ristoranti e quisibeve. I pranzi meno costosi e più rallegranti”. Nel volume erano riportate ben 172 ricette e “polibibite” ideate tra gli altri da Marinetti, Fillìa, Prampolini, Folgore, Mazza, Diulgheroff, Farfa, D’Albisola, … Il testo -visionario e profetico- letto oggi sembra aver trovato la sua realizzazione di un certo tipo di alta cucina contemporanea, fatta di conoscenze scientifiche, attrezzature tecnologiche, uso – e abuso- di additivi chimici, cura del dettaglio, del colore, dell’impiattamento (il cibo come opera d’arte), filosofia, coraggio e sapori inediti.
n.b: i “quisibeve” erano i bar e le “polibibite” i cocktails. Il Futurismo svecchiava, italianizzandoli, anche i termini legati all’alimentazione.
* Clara Grifoni, pur dichiarandosi amica dei futuristi, scrisse di quella serata in maniera assai critica: “Stasera ho subito il terzo lavaggio gastrico; sembra però che i cuscinetti a sfere del Pollofiat non vogliano assolutamente lasciare i miei intestini […]”.
N.B: le immagini “storiche” sui futuristi e sul “Santopalato” sono tratte dal web, e principalmente da wikisource.
Fr@ says
🙂 E’ in linea con tutti i manifesti futuristi, in questo caso con il rinnovamento della cucina, Ricordo di aver letto dell’abolizione della pastasciutta e l’elogio della chimica delle pillole.
Per quanto riguarda l’italianizzazione dei termini stranieri mi faceva sorridere il sandwich diventò “traidue”.
Cristina says
Cara Betulla, sei sempre un pozzo inesauribile di conoscenza. Nulla sapevo della cucina futurista ed è stata molto istruttiva (e di grande godimento) la lettura di questo tuo post. Pare che lezione futurista non sia servita a certi chef stellati. Sante parole le tue quando scrivi che il confine tra arte ed immane porcheria è davvero pericolosamente sottile. A leggere il menu…mi è venuta la pelle d’oca. Quel porco eccitato deve essere stato qualcosa di terribile ! Ciao Betulla
Guido Andrea Pautasso says
Vorrei solo segnalare che la quarta fotografia non riproduce Marinetti al Santopalato ma si tratta del Banchetto organizzato in suo onore a Tunisi dall’avvocato Nelson Morpurgo.